Se ne "Il museo dell'innocenza" mi ha sorpreso la scoperta di una Turchia vicina e europea, in questo romanzo trovo una Turchia remota e gelida, coperta dalla neve e soprattutto orientalissima.
Non è una lettura facile, anzi richiede molta attenzione e si procede non senza sforzo, specialmente al principio. A volte ripetitivo e pedante come il mondo che racconta, quello della miniatura.
Ci troviamo nel 1591 a Istanbul; al centro della storia un amore (come no!), un libro segreto e pericoloso, una serie di omicidi. Non è difficile vedere in queste pagine un corrispettivo ottomano de Il nome della rosa: anche qui si confrontano due mondi, il vecchio e il nuovo, anche qui è fondamentale la relazione fra maestro e allievo.
C'è di più. La cadenza ternaria di alcuni racconti, espressi secondo la scansione: tesi, antitesi, sintesi. Il conflitto eterno fra oriente e occidente. Il tema della cecità come premio.
Orahn Pamuk è alla costante ricerca di nuove forme di espressione letteraria, perfino in un romanzo in apparenza così tradizionale: tutti i personaggi - alcuni dei quali realmente inaspettati - parlano in prima persona rivolgendosi direttamente al lettore.
Questo autore mi piace sempre di più: mentre leggevo questo libro, ne ho comprati altri due.
P.s.: Proprio in questi giorni ho comprato una macchina rossa. Sarà un caso?
1 commenti:
Rossa e un poco macara!
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