venerdì 28 gennaio 2011

I canti di Maldoror - Lautréamont

Lautréamont (Isidore Ducasse) nasce per caso a Montevideo e pianta in America latina il seme dei fiori del male.

Leggere Maldoror è come venire risucchiati da un gorgo: continuiamo a girare in tondo mentre precipitiamo; di volta in volta veniamo affiancati da oscuri personaggi, apparizioni, immagini che svaniscono e riemergono.
Non si lasci ingannare il lettore dall'assenza della divisione in versi: questo è un libro di poesia.

Per assicurarsi il titolo di "poeta maledetto" Lautréamont muore nel letto della sua stanza di hotel a Parigi di morte naturale. A 24 anni.

Io, io faccio sì che il mio genio serva a dipingere le delizie della crudeltà!


mercoledì 26 gennaio 2011

Gatto e topo - Günter Grass

Un altro premio Nobel.
Una storia del gatto e del topo tutta metaforica dove il topo è tutt'altro che innocuo, anzi è un ratto un po' unto e difficile da prendere. Uno stile di scrittura che sembra classico ed innocuo, all'improvviso cambia i punti di vista spiazzandomi. Una storia che si svolge durante la guerra. Ovviamente dalla parte sbagliata.

Ma soprattutto ritrovo nel protagonista (e nell'autore) il "bambino-alga" raccontato da Bolaño nel quinto libro di 2666.


lunedì 24 gennaio 2011

Paludi / I nutrimenti terrestri - André Gide

I nutrimenti terrestri
A metà strada tra il pamphlet e il salmo. L'autore si rivolge a un giovinetto che chiama Natanaele e lo guida nella scoperta del piacere della vita, forte anche degli insegnamenti di un altro personaggio che chiama Menarca ispirato, dice l'introduzione, a Oscar Wilde, amico di Gide. Non un inno all'edonismo, ma l'atto fondativo di una "morale positiva".

È un testo molto confuso. Si apre con una citazione del Corano, dal quale trae il titolo e il tono. Poi diventa una raccolta di appunti di viaggio, una lettera, una antologia poetica. A volte noioso, altre volte di un lirismo altissimo. È un testo che va, per così dire, setacciato e pulito. Non stupisce che nei dieci anni successivi alla sua pubblicazione vennero vendute solo 500 copie.


Paludi
Un vero gioiellino. Un gioco di scatole cinesi ironico e dissacrante. Una critica alla società borghese, ma anche agli intellettuali.
Un letterato (un inetto) scrive, o tenta di farlo, un libro intitolato "paludi", nel quale il protagonista Titiro (il nome è preso da Virgilio) gode nella contemplazione di una palude desolata, che rappresenta la monotonia della vita borghese. Lo scrittore descritto nel libro è ovviamente Gide. Ma anche Titiro è Gide, che si compiace della propria beata inattività.

Ha detto: "Che fai, lavori?"
Ho risposto: "Scrivo Paludi"


sabato 22 gennaio 2011

La montagna incantata - Thomas Mann

O La montagna magica. L'ho letto l'anno scorso e mi è costato un certo sforzo arrivare fino in fondo. Ne parlo perché ho appena visto una breve video-recensione di Piergiorgio Odifreddi (questo è il link per vederla).
Odifreddi è un matematico e scrittore e ama oltremodo provocare. Niente di male. Riassumo liberamente quello che dice di questo libro:"Non leggete questo romanzo perché è una rottura di palle. Anzi, non leggete niente di Mann perché è un logorroico e tutti i suoi libri sono lunghi. So che ne ha scritti di corti ma è perché in quel momento non gli veniva niente di meglio".
Non è che questa stroncatura mi scandalizzi, ognuno è libero di amare o meno quello che vuole; sono anche cosciente che le più straordinarie opere della Letteratura sono destinate a essere lette da pochi lettori appassionati e compulsivi distillati nei secoli. Quello che mi chiedo è che senso abbia accanirsi, senza alcuna ragione concreta, contro un libro scritto cento anni fa, oltretutto considerato "una delle opere più significative del XX secolo".
Si tratta di un libro volutamente snervante (è vero), dove sembra che non succeda niente, in un'atmosfera di sospensione che ritrovo nelle pagine più ispirate di Buzzati. Si presta a numerose chiavi di lettura, compresa quella della rivelazione mistica.
Conosco poche persone che l'abbiano letto fino alla fine e ancora meno che abbiano intenzione di farlo. Ma sconsigliare addirittura di provarci mi sembra troppo. 
Alessandro Baricco, che vanta un folto pubblico di fedeli adoranti, ogni tanto si diverte a compilare l'elenco delle opere d'arte sopravvalutate: l'Ulisse di Joyce, la nona di Beethoven,...
Quando si parla da un pulpito bisogna assumersi la responsabilità delle proprie parole, non si possono mollare dei giudizi senza giustificarli: qualcuno potrebbe prenderli sul serio.

Nelle note finali della Montagna incantata l'autore consiglia di rileggere il libro da capo. Questo è abusare della pazienza dei lettori.






venerdì 21 gennaio 2011

Ieri - Agota Kristof

Una novella o un racconto lungo. Una storia di amore e straniamento. Siamo lontani dal senso di rivelazione che lascia Trilogia della città di K, però in questo esercizio di stile si scoprono i principi estetici e creativi dell'autrice: è chiaro che quando il protagonista dice di scrivere in una lingua straniera si sta riferendo alla sua creatrice, ungherese che scrive in francese con frasi corte e incisive che devono essere la gioia dei traduttori.

L'ultimo capoverso è un bell'esempio di poesia in prosa. Vale la pena di arrivare fino all'ultima pagina.

-Voi stranieri fate continuamente collette per corone di fiori, andate continuamente a funerali.
-Ognuno si diverte come può.

mercoledì 19 gennaio 2011

Slumberland - Paul Beatty

Ero riluttante al principio, anche perché la copertina di questo libro non invoglia alla lettura. Di questo autore avevo letto anni fa Tuff e la sua banda (Mondadori): mi era piaciuto, non mi aveva stregato. Slumberland invece è un libro che colpisce, come un pugno in faccia. Il genere si potrebbe definire "esistenzialismo scatologico", è un libro che fa aggrottare la fronte molto spesso. Bisogna superare il fastidio iniziale provocato dai limiti di una traduzione che non riesce sempre a rendere la contundenza dello slang (chi ha mai usato l'espressione "da sballo"?) e bisogna rassegnarsi al fatto che l'autore vuole stupire. Se tuttavia si riesce ad arrivare fino a pagina 60, il resto scorre rapido come una caduta libera. Le avventure di un dj nero di Los Angeles che va a vivere a Berlino alla fine degli anni '80. Sembra scritto da una specie di Kurt Vonnegutt al contrario.

La storia si svolge nel 1989 ma è piena di anacronismi che contribuiscono a sbigottire il lettore. Nel turbine delle vicissitudini spesso assurde del protagonista (una parte rilevante della storia ruota intorno al video di un uomo che sodomizza un pollo!) sorprendono le riflessioni lucidissime e acute e soprattutto una serie di giudizi - ma piú che altro sono sentenze - su musica, arte, letteratura, cinema, politica. Sulla vita.

Per chi ama la musica questo libro è imperdibile. Molto piú di High fidelity di Hornby.  

Odio quelli che odiano Tom Cruise, automi culturali che a sentire il suo nome si inalberano meccanicamente e affermano che quel nano teatrante, nonché seguace di infimo livello di Scientology, è "un pazzo" e "un pessimo attore". Lo odiano perché è facile odiarlo.


venerdì 14 gennaio 2011

Wall and piece - Banksy

È un catalogo ma si legge dal principio alla fine come un romanzo.
Lo dico senza giri di parole: Banksy è un genio.

Questa è la quarta di copertina:


"There's no way you're going to get a quote from us to use on your book cover" 
Metropolitan Police Spokesperson

Il mio nome è Rosso - Orhan Pamuk

Se ne "Il museo dell'innocenza" mi ha sorpreso la scoperta di una Turchia vicina e europea, in questo romanzo trovo una Turchia remota e gelida, coperta dalla neve e soprattutto orientalissima.
Non è una lettura facile, anzi richiede molta attenzione e si procede non senza sforzo, specialmente al principio. A volte ripetitivo e pedante come il mondo che racconta, quello della miniatura. 
Ci troviamo nel 1591 a Istanbul; al centro della storia un amore (come no!), un libro segreto e pericoloso, una serie di omicidi. Non è difficile vedere in queste pagine un corrispettivo ottomano de Il nome della rosa: anche qui si confrontano due mondi, il vecchio e il nuovo, anche qui è fondamentale la relazione fra maestro e allievo.
C'è di più. La cadenza ternaria di alcuni racconti, espressi secondo la scansione: tesi, antitesi, sintesi. Il conflitto eterno fra oriente e occidente. Il tema della cecità come premio.
Orahn Pamuk è alla costante ricerca di nuove forme di espressione letteraria, perfino in un romanzo in apparenza così tradizionale: tutti i personaggi - alcuni dei quali realmente inaspettati - parlano in prima persona rivolgendosi direttamente al lettore.

Questo autore mi piace sempre di più: mentre leggevo questo libro, ne ho comprati altri due.

P.s.: Proprio in questi giorni ho comprato una macchina rossa. Sarà un caso?





mercoledì 5 gennaio 2011

Copenhagen - Michael Frayn


Senza dubbio una delle opere migliori che abbia mai letto.

L'incontro fra due uomini straordinari, i fisici premi Nobel Bohr e Heisemberg, l'uno maestro dell'altro, legati da un rapporto strettissimo prima e separati dalla guerra poi. Entrambi lavorano al progetto della bomba atomica, il primo per gli alleati mentre il secondo per la Germania nazista. Il paradosso sta nel fatto che saranno alla fine i "buoni" a costruire la bomba e ad utilizzarla.
Un'opera che parla dell'umanità, del Bene e del Male, attraverso le parole di tre personaggi (il terzo è la moglie di Bohr).
Dimenticavo di dire che si tratta di una pièce teatrale, ma si può leggere come un romanzo.
L'autore, il drammaturgo inglese Michael Frayn, è internazionalmente famoso per aver scritto quel incredibile marchingegno chiamato Rumori fuori scena.
Copenhagen,  pubblicata nel 1998, si inserisce nel solco tracciato da Brecht con Vita di Galileo, a cui viene spesso, e non a sproposito, paragonata.

In Italia è stato messo in scena da Umberto Orsini, Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice con la direzione di Mauro Avogadro.


lunedì 3 gennaio 2011

I Buddenbrok - Thomas Mann

Ho riletto I Buddenbrock, è veramente inossidabile.
Il declino di una famiglia alto-borghese nella Germania del XIX secolo attraverso il racconto delle vicende di quattro generazioni.
Mann guarda con rimpianto ad un mondo che non esiste già più mentre lui scrive. I personaggi sono quasi scolpiti tanto sono vividi e i loro capricci e manie non risultano mai antipatici. Tutto il racconto è attraversato da una ironia feroce e quasi impercettibile. Le vicende tragicomiche di Tony sono indimenticabili.
Sorprende pensare che l'autore aveva 26 anni al momento della pubblicazione e in effetti sarà difficile trovare la stessa ironia nelle opere successive (tutte magnifiche). Quello che rimane invariato in tutta la produzione del tedesco è invece la passione per la musica: verso la fine del romanzo la descrizione di una improvvisazione al piano del giovane Hanno potrebbe essere ai giorni nostri - senza cambiare neanche una parola - per descrivere il jazz!

L'edizione italiana non riporta il sottotitolo voluto dall'autore: Verfall einer Familie, decadenza di una famiglia.



domenica 2 gennaio 2011

Vita e destino - Vasilij Grossman

Vasilij GrossmanUn romanzo corale. Magnifico.
L'autore è ebreo ed ucraino, ingegnere, convinto militante sovietico prima e dopo la morte di Stalin acceso contestatore del regime. Negli anni Sessanta si propone l'impervio compito di scrivere il Guerra e pace del ventesimo secolo e, fatto straordinario, ci riesce!
La lettura non è semplice perché le mille pagine scoraggiano un po', i personaggi sono innumerevoli e tutti con tre nomi, gradi di parentela, eventuali soprannomi, chi ha familiarità con la letteratura russa sa di cosa sto parlando. Tuttavia è assolutamente gratificante e ci si accorge sin dalle prime righe di trovarsi di fronte ad un classico.
La descrizione della morte nelle camere a gas è fra le pagine più strazianti e più belle che abbai mai letto.
Adelphi pubblica la prima traduzione integrale in italiano sul testo russo. 
Chi volesse approfondire le tematiche trattate nel libro o conoscere la vita dell'autore può leggere l'eccellente post pubblicato nel blog non solo prousthttp://nonsoloproust.splinder.com/post/19420987


Le benevole - Jonathan Littell

Le benevoleUn'edizione Einaudi molto elegante con uno splendido Fontana in copertina, il successo sin dalla prima pubblicazione, mille pagine, un argomento terribile e inesauribile come la seconda guerra mondiale, insomma un libro che ha tutte le qualità per essere straordinario. Non è così, almeno non per me. 
Un ex ufficiale delle SS racconta in vecchiaia le proprie vicende che lo hanno portato ad essere protagonista di alcuni dei momenti più significativi del conflitto mondiale, da Stalingrado ai lager, come una specie di Forrest Gump nazista.
Ad arricchire la trama una omosessualità repressa e violenta, un'amore incestuoso, l'omicidio dei genitori (non ci facciamo mancare niente) e una serie di incubi anali veramente morbosi.
Non c'è pentimento nelle sue "confessioni", ma una sorta di fatalismo che lo porta a dire che ogni persona al suo posto avrebbe fatto lo stesso e si sarebbe macchiata degli stessi terribili crimini più che per opportunismo per senso del dovere. In realtà alcune persone (seppur poche) si sarebbero comportate diversamente e ignorare questa riflessione è la prima e più grave colpa di questo romanzo. Se l'intenzione dell'autore era di evitare il moralismo, in realtà negli esiti si abbandona al qualunquismo.
E evidente che Littell si è preparato per affrontare la scrittura di questo tomo poderoso, però proprio questa attenzione ai gradi militari e alla burocrazia nazista risulta un po' noiosa.   
La parte migliore del racconto è l'incontro con un prigioniero comunista che riflette sulle affinità dei totalitarismi, ma siamo ad anni luce di distanza dalla profondità di Vita e destino di Grossman. 


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