
Non c'è bisogno che dica che Roland Barthes è stato uno degli intellettuali più influenti e importanti del Novecento. Questo trattatello sulla fotografia, scritto poco prima di morire, è un'opera fondamentale, piena di spunti di riflessione. L'autore propone una sorta di teoria estetica sistematica della fotografia, compito piuttosto difficile, perché, come dice lui stesso, questa è un'arte che, per la sua stessa natura, sfugge alla catalogazione: a metà fra processo creativo e fenomeno chimico, fra opera d'arte e souvenir. La fotografia, continua Barthes, poggia su tre gambe: il fotografo che scatta la foto, lo spettatore che la guarda e il soggetto fotografato che non è, come in pittura, "rappresentato" ma catturato nella realtà e reso eterno. La fotografia crea il "Passato" che prima di essa era solo un concetto astratto.
Al margine di tutto ciò l'autore sembra refrattario al suo stesso metodo e si compiace spesso di contraddire quello che ha appena stabilito. E forse a volte confonde il "Passato" con la "Storia".
La fotografia digitale stravolge completamente le conclusioni di questo libro. Barthes scompare nel 1980: probabilmente si è risparmiato un disgusto.