Francesco Ferdinando Trotta, membro viennese del'aristocrazia asburgica, è l'immagine del suo tempo; è, come l'autore del libro, monarchico ma anche socialista, e quando nel 1914 l'arciduca suo omonimo viene ucciso a Sarajevo, decide di partire per la guerra insieme ai suoi amici più umili, per sacrificare se stesso sull'altare del mondo che rappresenta. E invece la Storia non si presenterà all'appuntamento, perché, per usare le parole dell'autore (parole che vengono ripetute più volte nel corso del romanzo) sopra i calici dai quali noi bevevamo la morte invisibile incrociava già le sue mani ossute. Trotta non potrà dimostrare il proprio valore, né come soldato, né come prigioniero, perché il mondo è cambiato, l'impero austro-ungarico, il suo impero, non esiste più: l'unica testimonianza che ne rimane, le tombe degli imperatori nella cripta dei cappuccini.