mercoledì 19 gennaio 2011

Slumberland - Paul Beatty

Ero riluttante al principio, anche perché la copertina di questo libro non invoglia alla lettura. Di questo autore avevo letto anni fa Tuff e la sua banda (Mondadori): mi era piaciuto, non mi aveva stregato. Slumberland invece è un libro che colpisce, come un pugno in faccia. Il genere si potrebbe definire "esistenzialismo scatologico", è un libro che fa aggrottare la fronte molto spesso. Bisogna superare il fastidio iniziale provocato dai limiti di una traduzione che non riesce sempre a rendere la contundenza dello slang (chi ha mai usato l'espressione "da sballo"?) e bisogna rassegnarsi al fatto che l'autore vuole stupire. Se tuttavia si riesce ad arrivare fino a pagina 60, il resto scorre rapido come una caduta libera. Le avventure di un dj nero di Los Angeles che va a vivere a Berlino alla fine degli anni '80. Sembra scritto da una specie di Kurt Vonnegutt al contrario.

La storia si svolge nel 1989 ma è piena di anacronismi che contribuiscono a sbigottire il lettore. Nel turbine delle vicissitudini spesso assurde del protagonista (una parte rilevante della storia ruota intorno al video di un uomo che sodomizza un pollo!) sorprendono le riflessioni lucidissime e acute e soprattutto una serie di giudizi - ma piú che altro sono sentenze - su musica, arte, letteratura, cinema, politica. Sulla vita.

Per chi ama la musica questo libro è imperdibile. Molto piú di High fidelity di Hornby.  

Odio quelli che odiano Tom Cruise, automi culturali che a sentire il suo nome si inalberano meccanicamente e affermano che quel nano teatrante, nonché seguace di infimo livello di Scientology, è "un pazzo" e "un pessimo attore". Lo odiano perché è facile odiarlo.


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