mercoledì 8 febbraio 2012

Vita - Vittorio Alfieri


Ai tempi del liceo mi appassionai alla tragedia Saul e al tema dello sdoppiamento della personalità nel quale credevo di intravvedere un legame diretto con il teatro di Pirandello. La fiamma di questa mia passione si affievolì ben presto e da allora la mia frequentazione con l'Alfieri si è limitata a occasionali e rispettosi cenni di saluto al busto del letterato astigiano che scruta Roma dalla terrazza del Pincio.

Per me è stato quindi doppio il piacere di leggere questa Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso: il piacere di ritrovare un autore che mi era stato caro e il piacere della scoperta di una prosa sorprendente. L'autore racconta con grande sincerità la sua vita con uno stile leggero e appassionante: il collegio, i viaggi, i cavalli (decine di cavalli!),  gli amori, perfino un duello; la vita di un giovane aristocratico insofferente e  annoiato, ignorante al massimo grado (secondo la sua stessa opinione), capace di esprimersi solo in un francese sgrammaticato e affatto ignorante della lingua italiana, fino alla scoperta della lettura prima e della scrittura poi che sprigionano in lui un desiderio di conoscenza irrefrenabile sostenuto da una volontà stupefacente. Impara in poco tempo e praticamente da autodidatta il latino e il greco, tanto da tradurre fra gli altri Orazio e Pindaro, ma soprattutto matura una padronanza dell'italiano e una grazia nel suo uso dei quali è prova questo libro. L'aspetto più sorprendente di questa lettura è infatti proprio la freschezza di questa prosa di fine '700, audace, comprensibilissima e piena di invenzioni.

Il motivo che mi ha spinto a leggere questo libro è stato un post scritto sul blog nonsoloproust nel quale veniva citata una categorica affermazione di Fruttero e Lucentini:
"Un italiano che non legge Alfieri è scemo"


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