A volte le case editrici - per mancanza di iniziativa, immagino - pubblicano qualsiasi libretto mediocre che abbia risvegliato un po' di passione negli Stati Uniti. Se si dedicassero ogni tanto a sbirciare quelle che vengono considerate letterature minori, troverebbero delle sorprese.
È il caso di questo Atlante furtivo, un libro catalano. Una storia inaspettata: una famiglia ebrea di cartografi nella Mallorca della fine del 1300. Un libro che parla di un libro, come Il nome della rosa o Il mio nome è Rosso. Senza la raffiata ricerca di Pamuk o la filologia morbosa di Eco, ma senza nemmeno la pretasa di averle. Ci sono anche dei momenti realmente buoni e una specie di favola orientale alla Mille e una notte che mi è sembrata la parte migliore del libro.
Questo libro me lo ha consigliato un amico che ha anche il merito di essere stato il primo a parlarmi delle richezze della cultura catalana.
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