sabato 14 maggio 2011

Iliade - Omero

È la poesia (il canto) l'origine di tutte le arti? A leggere Omero sembra di sí. La freschezza di questi versi, la loro vivacità intatta, fanno impallidire qualsiasi rovina. E il poema si apre con una invocazione che è già una dichiarazione: "Cantami". O dea.

Molti pensano di conoscerne la storia, ma il testo riserva più di una sorpresa (almeno per me). Non c'è nessun accenno al cavallo, Achille non muore, Troia non cade. Tutto ciò viene accennato brevemente nell'Odissea (chi sta pensando "io lo sapevo" forse sta mentendo...).

Questo poema è un macigno, segna irrimediabilmente la storia, anzi si potrebbe dire che la Storia cominci da qui. L'eterno conflitto fra Oriente e Occidente, fra Europa e Asia minore. I greci non fanno una gran figura: Agamennone, Menelao, lo stesso Achille che per un capriccio è disposto a condannare tutta la Grecia. Molto più dignitosi i troiani. Su tutti Ettore: bello, forte (ma senza essere figlio di una divinità), saggio. Nel pieno della battaglia fa in tempo a correre a casa, salutare la moglie, baciare il figlio, incaricare i riti religiosi, cazziare il fratello (Paride) e tornare a battersi!

Al margine del mito c'è la guerra per il controllo dei Dardanelli e quindi dell'Egeo. Ma questo non basta agli uditori di Omero (se mai è esistito). E allora: Elena, l'amore di Paride, la sostituzione di Briseide con Criseide (il "capriccio" di Achille). E poi uno stuolo di dei - maggiori e minori - maneggioni e rancorosi.
Questa epopea, nella sua doppia componente - mitica e storica - continua a perpetuarsi, a ripetersi e a rigenerarsi attraverso i secoli. Achille risponde ad Agamennone che vuole convincerlo a combattere: "Non sono venuto qui a combattere a causa dei Teucri, a me nulla hanno fatto; non mi hanno rubato né buoi né cavalli, non mi hanno distrutto il raccolto". Le vicende stesse che portarono Schliemann (quel pazzo!) alla scoperta dei resti di Troia sono mitiche, ma restituiscono il mito alla storia.

Merita una menzione la traduzione di Maria Grazia Ciani, della quale avevo già letto l'Odissea, che anche in questo caso è strepitosa nella resa del testo, nel quale si percepisce la fedeltà all'originale greco ma non il peso dei secoli. 


3 commenti:

idrasia ha detto...

Insegno italiano e latino da trentasei anni in un liceo e non conosco approfonditamente la storia dell’Iliade.
Per ragioni contingenti, dolorosamente contingenti, avendo tutto il tempo che voglio a disposizione, ho incominciato a rileggere, da qualche mese , l’Iliade. Perciò il passaggio sul suo blog, stamattina, è stata per me più che una piacevole sorpresa. In tanti anni ho visto la scuola diventare una fabbrica di impiegati, sempre più asservita all’esistente, luogo di studio delle conoscenze del momento, internet, la tecnologia..e i classici, a poco a poco, sono diventati superflui, ma quel che è peggio odiosi. Nella mia lunga carriera ho visto passare centinaia di adolescenti profondamente annoiati e insofferenti davanti a pagine e pagine di classici da leggere. Sono convinta, però, che l’odio scolastico per i classici dipenda dall’impostazione storicista della pedagogia, “classico” non è sinonimo di “passato”, classico è ciò che, nonostante tutto, sopravvive e resiste al presente
I classici non sono epoche ma luoghi del pensiero. Guerre, passioni amori appartengono all’uomo di ogni tempo .
“Questa epopea, nella sua doppia componente - mitica e storica - continua a perpetuarsi, a ripetersi e a rigenerarsi attraverso i secoli” Proprio così!

Stefano Cristi ha detto...

Cara Idrasia,

le tue parole mi lusingano!
Mi dispiace sapere che stai attraversando un momento difficile, spero che almeno la lettura ti possa concedere qualche ora di pace.
Condivido quello che dici sulla scuola (anche io sono stato un adolescente insofferente e annoiato) e che il metodo di insegnamento non è all'altezza dei contenuti.
Vorrei però fare un paio di annotazioni a margine: è vero che gli studenti sviluppano un'idiosincrasia per la maggior parte dei libri studiati a scuola, ma è anche vero che la scuola italiana ha ha eletto a vittima sacrificale "I promessi sposi", lasciando più o meno intatto il resto del patrimonio letterario universale.
La seconda è che i professori - che si vedono sempre più spesso costretti a lavorare in condizioni umilianti - svolgono un lavoro i cui risultati non sono immediati. Prendi il mio caso ad esempio: quello che ho imparato a scuola (spesso senza entusiasmo) mi è servito poi per segnare i margini di una mappa della letteratura universale che poco a poco cerco di completare, concentrandomi ora su una zona ora su un'altra.
Un'altra cosa: sono convinto che la lettura dei classici (non semplicemente greci o latini, ma tutti quei testi che per i loro valori universali meritano questa qualifica) aiuti ad essere persone migliori.
Spero di poter continuare a suscitare il tuo interesse e di ricevere commenti e consigli.
A presto,

Stefano

PS: Ti do del tu non per mancanza di rispetto ma al contrario per la familiarità e l'affinità che le tue parole mi ispirano; spero che tu faccia lo stesso con me.

idrasia ha detto...

Caro Stefano
le tue parole mi hanno confermato quello di cui da sempre sono convinta : la scuola è, come dice un famoso neuropsichiatra italiano, un luogo protetto dove i ragazzi provano ad "allargare le ali", solo più avanti, ma molto più avanti, sapranno volare. E da quello che ogni giorno leggo sul tuo blog, tu hai spiccato il volo da parecchio!
Ti ringrazio per la tua gentilezza nei confronti di una sconosciuta. Anche io ho un blog htt://iraida.splinder.com una specie di quaderno giornaliero dove senza pretese e con spontaneità parlo di quello che mi passa per la mente. E' un filo d'aquilone nella mia mano, da cui volentieri mi lascio trasportare.
Continua, ti prego, a scrivere di letteratura, io continuerò a leggerti con piacere!
p.s. diamoci pure del tu, io non sono tanto vecchia!!

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