giovedì 21 aprile 2011

Istambul - Orhan Pamuk

L'autore racconta se stesso e la città in un libro pieno di foto.
Io credo, personalmente, che la realtà si comprenda meglio attraverso la finzione e che queste forme di confessione non siano del tutto efficaci. Insomma: di Pamuk preferisco le storie alle cronache.

Del resto fra i privilegi che offre il Nobel c'è anche quello di poter scrivere ciò che si vuole.


3 commenti:

idrasia ha detto...

“..la realtà si comprende meglio attraverso la finzione”
Che bel modo di definire la letteratura!
Approfitto della tua pazienza per citare uno stralcio di intervista, di quasi dieci anni addietro, a Paco Ignacio Taibo II che così rispondeva a chi gli chiedeva di definire la Letteratura.
“…muovendosi ai confini fra razionalità e intuizione, la letteratura rivela fenomeni che stanno ai limiti della ragione, in spazi mobili urbani che le riflessioni tradizionali, le tradizionali scienze analitiche, faticano ad inseguire, a descrivere. Se voglio cercare di capire il mondo, oggi mi vedo sempre più costretto a riferirmi all’enorme arsenale di romanzi letti negli ultimi cinquant’anni, che mi offrono grandi possibilità interpretative…”
In realtà l’intervista era il resoconto di un incontro fra Sepùlveda e Taibo sulla funzione quasi salvifica del romanzo , me ne sono sempre servita per introdurre allo studio della letteratura i ragazzi in terza liceo.
Di Pamuk ho letto “il museo dell’innocenza” e “Il mio nome è rosso”, quest’ultimo è un libro di non facile lettura, ricco di riferimenti culturali. Sbaglio a definirlo un testo di estetica? L’incipit coinvolge ma a metà libro ci si deve armare di grande volontà e costanza. Sono stata contenta di averlo letto.
Un saluto a te
Annamaria

Stefano Cristi ha detto...

Ciao Annamaria,

la tua citazione è bellissima: ti avviso che già me ne sono appropriato...
L'idea del potere della finzione di comunicare la realtà (che è una mia convinzione personale: non ho la pretesa che sia una regola universale) nasce da una riflessione sul cinema. Anni fa discutevo con un amico che sosteneva che i film "basati su una storia reale" hanno già solo per questa caratteristica qualcosa in più, partano con un vantaggio. Io non sono d'accordo, il concetto di verità è molto complesso e sfuggente perché possa essere una buona base d'appoggio per l'arte...
Come hai potuto vedere nel blog, anche io ho letto "Il museo dell'innocenza" e "Il mio nome è Rosso": mi sono piaciuti molto entrambi.
È vero che "Rosso" risulta un po' faticoso e ripetitivo (credo che la reiterazione sia voluta, in omaggio al lavoro dei miniaturisti!), però penso che la letteratura debba anche opporre un po' di resistenza al lettore: a volte il compimento di una impresa compensa lo sforzo fatto e ci segna più profondamente. Ovviamente non esistono regole ferree nelle discipline artistiche, però in linea di massima "il codice da Vinci" (contro il quale non ho niente) non marcherà un'epoca come "La nausea"...
Cogli nel segno quando lo definisci un libro di estetica: più esattamente di estetica ottomana. Ho scoperto una linea di pensiero che ignoravo completamente e completamente estranea ai principi su cui si basa la moderna estetica occidentale - penso soprattutto alla Critica della facoltà di giudizio. L'idea dello stile come difetto e di una rappresentazione antinaturalistica e antipersonale a tal punto da desiderare che l'originale sembri una copia, sono concetti dei quali appena intravedo la portata.

Paco Ignacio Taibo II...non lo conosco! Hai qualche libro da raccomandarmi?

idrasia ha detto...

Caro Stefano
l’intervista dell’incontro tra Sepùlveda e Taibo è tratta da “La repubblica” del 14/9/2002. Fino ad allora non conoscevo questo autore messicano di origini spagnole. All’epoca, con i miei studenti, mi limitai a raccogliere notizie su di lui ma non ho letto nulla di suo, purtroppo.
Per quanto riguarda “Rosso”, hai proprio ragione, lo stile della narrazione rimanda alle caratteristiche di una miniatura ottomana: ricercata, ricca di dettagli e particolari preziosi.
Ho piacere che la citazione ti abbia colpito.
Un saluto a te
Annamaria

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