Questa è la storia di un uomo che parte per la guerra pronto a morire e invece a morire sarà il mondo.
Francesco Ferdinando Trotta, membro viennese del'aristocrazia asburgica, è l'immagine del suo tempo; è, come l'autore del libro, monarchico ma anche socialista, e quando nel 1914 l'arciduca suo omonimo viene ucciso a Sarajevo, decide di partire per la guerra insieme ai suoi amici più umili, per sacrificare se stesso sull'altare del mondo che rappresenta. E invece la Storia non si presenterà all'appuntamento, perché, per usare le parole dell'autore (parole che vengono ripetute più volte nel corso del romanzo) sopra i calici dai quali noi bevevamo la morte invisibile incrociava già le sue mani ossute. Trotta non potrà dimostrare il proprio valore, né come soldato, né come prigioniero, perché il mondo è cambiato, l'impero austro-ungarico, il suo impero, non esiste più: l'unica testimonianza che ne rimane, le tombe degli imperatori nella cripta dei cappuccini.
2 commenti:
Un libro che ha uno dei più bellissimissimi explicit della letteratura, Roth.
"Quel" Roth...
Quello che in "Fuga senza fine" ha scritto uno dei più strepitosi explicit della letteratura europea del Novecento (Franz Tunda in Place Vendome, in "Fuga senza fine").
Joseph Roth.
Ne ho fatto full immersion secoli fa, e ce l'ho ancora tutto vivo e tutto in testa.
Joseph Roth.
Che, a Parigi, alcoolizzato fino al midollo, si nutriva di un biscotto al giorno.
Che bello, che ci sia ancora qualcuno che lo legga, lo apprezzi e non lo confonda con l'altro (pure bravissimo, per carità, ma che è un altro Roth)
Sì, anche io preferisco questo Roth all'altro...
così come preferisco il Grossman russo a quello israeliano.
Per citare Moretti "Mi sà che mi troverò sempre a mio agio e d'accordo con una minoranza..."
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